Quello che sembra tempo perso è, in realtà, il modo più idoneo per favorire l’apprendimento e la crescita degli alunni
Scuola : il termine deriva dal lat. schŏla (dal gr. scholé), che in origine significava (come otium per i latini) tempo libero, piacevole uso delle proprie disposizioni intellettuali, indipendentemente da ogni bisogno o scopo pratico.
Scuola , dunque, come il tempo della riflessione, dell’attenzione, dello scambio dialogico che, partendo dall’atteso imprevisto, come risorsa preziosa, penetra nei nuclei fondanti delle discipline; non è tempo che corre. È Scholè.
Quanto ci siamo persi di tutto questo?
La scuola di oggi sembra governata dal mito della velocità: programmi, obiettivi, rispetto dei tempi…
un affannoso susseguirsi di cose e proposte, tra bambini più performanti e meno performanti.
Forse tutti, insegnanti, genitori, educatori, dovremmo fermarci e chiederci:
Quanto sono disposto a rallentare, a perdere il tempo, per ritrovarlo come apprendimento reale?
Nel terzo millennio abbiamo assistito ad un radicale cambiamento comunicativo: messaggistica veloce, social, mail.
Le parole si restringono; la caratteristica comunicativa è la velocità.
Velocità di trasmissione, velocità di lettura e di risposta.
Poche le parole.
Meno attenzione alle parole e al loro peso.
Cosa mettere sui piatti della bilancia?
Se sopra il primo piatto mettiamo i vantaggi, velocità, efficacia, efficienza…cosa mettere sull’altro?
Senz’altro una minore attenzione, una maggiore solitudine emotiva.
Manca il calore dell’abbraccio, dello sguardo, della ricerca reciproca, il peso della parola….
Sembra che tutti dobbiamo rapportarci con un’unica misura: il tempo.
Tutto è e deve essere veloce e tutti dobbiamo essere “multitasking” e performanti.
La bilancia non è in equilibrio; questa è un’evidenza.
Efficacia, efficienza e velocità non portano necessariamente ad un ben-essere.
E più ci si avvicina al periodo adolescenziale e più il disequilibrio si fa evidente.
I ragazzi del terzo millennio, evidenziano infatti una fragilità emotiva maggiore rispetto al passato e maggiori sono le loro vulnerabilità psicosociali.
Di contro, mostrano una maggiore apertura mentale, una maggiore sensibilità nei confronti dei diritti umani, della tutela e della sostenibilità ambientale.
Maria Montessori, e in tempi oggi ormai lontani, era perfettamente consapevole della delicatezza e della “salvaguardia” del momento adolescenziale per la costruzione del sé e molti sono i suoi scritti che riguardano proprio questa fase di sviluppo: l’adolescente è un neo-nato sociale, è il futuro uomo, è già nato, c’è, ma ancora deve formarsi e sta all’adulto prendersene cura.
M Montessori parla dell’adolescenza come di un periodo particolarmente sensibile all’interno del quale prendono forma e si sviluppano i sentimenti giustizia e di dignità personale, i caratteri più nobili dell’essere umano, che preludono all’uomo come “essere sociale”.
E se molto M.Montessori ha dedicato all’infanzia, molto ha dedicato all’adolescenza riconoscendola come la fase maggiormente critica dello sviluppo; e se la criticità fisica, con il cambiamento puberale e la tempesta ormonale, è la più evidente, risulta “
"ancor più critica dal punto di vista psicologico. É l’età dei dubbi e delle esitazioni; delle emozioni violente, dello scoramento: talvolta si osserva persino una diminuzione delle capacità intellettuali”(Dall’infanzia all’adolescenza; M.Montessori).
É nel periodo adolescenziale che si cerca il proprio posto nel mondo, staccandosi dalle principali figure di riferimento per riuscire a trovare il proprio posto nel mondo.
Ma l’essere umano non è fatto per stare solo e M.Montessori, proprio per questo, aveva pensato principalmente a rafforzare e rendere viva e concreta la dimensione sociale specie in età adolescenziale.
Sicuramente anche oggi, nel terzo millennio, M.Montessori continuerebbe ad investire, anzi forse ancora in misura più forte e pregnante, sul valore della socialità, del lavoro cooperativo e della condivisione, quali strumenti d’eccellenza per la formazione personale e la partecipazione sociale
Stare insieme per costruire e condividere.
Ideare progetti e realizzarli.
Abbandonare il multitasking e ri-concentrarci sull’essenzialità, sulla preziosità e sull’unicità del tempo.
Non per farlo correre, ma per trattenerlo e assaporarlo.
Scegliere il dialogo come strategia didattica, la parola, con tutta la sua forza, come mezzo.
Andare in controtendenza e scegliere di investire sul dialogo, un dialogo fatto di parole attente per trovare un punto di incontro e connetterci in modo davvero consapevole e non virtuale.
Dare uno scopo alle proprie parole, comunicare per dire, scrivere per raccontare e trovare, proprio mentre si racconta, un nuovo centro.
Scrivere per cambiarci, parola dopo parola.
Dialogare, leggere, scrivere…il bambino al centro, l’adolescente al centro.
Al centro con le proprie parole che si legano necessariamente a quelle dell’altro.
Due mondi che si toccano e che, toccandosi, toccano un’altra infinità di mondi in un movimento caleidoscopico.
Nessun tempo può considerarsi perso se speso con e per la parola.
Ritornare alla parola, come punto di partenza e per ri-partire insieme, socialmente e dialogicamente.