arte a scuola

Legarsi alla montagna- Maria Lai

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L’antica arte di tessere e la parola cucita; dalle radici all’arte.

“Giocavo con grande serietà, ad un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte”

Maria Lai- Ulassai, 27 settembre 1919 – Cardedu, 16 aprile 2013

Legarsi alla montagna- 8 settembre 1981

Dopo infinite peregrinazioni, nel 1979, Maria Lai ritorna nel suo paese d’origine, Ulassai.

Il sindaco pensa subito di chiederle la realizzazione di un monumento in ricordo dei Caduti in Guerra del posto.

Maria Lai rifiuta e propone invece qualcosa di diverso: non un monumento che guarda al passato, ma un’opera fatta e pensata per il presente.

L’opera matura lentamente nella mente creativa di Maria Lai.

E per ascoltarla, ascolta a sua volta.

L’ispirazione arriva da un’antica leggenda che narra un fatto realmente accaduto ad Ulassai nel lontano 1861.

Una bambina viene mandata sulla montagna a portare del pane ai pastori.

Giunta sul luogo, sente il brontolio del tuono: sta per scoppiare un temporale.

La bambina si rifugia, allora, in una grande grotta e proprio qui trova tutte le greggi e i pastori che si riparano, aspettando la fine della bufera.

La bambina ascolta il fragore dei tuoni e osserva silenziosa lo squarcio dei lampi.

Ad un tratto, qualcosa la incuriosisce: un nastro azzurro volteggia nell’aria trasportato dal vento.

Anche i pastori lo notano, ma non gli danno importanza, lo giudicano una frivolezza.

Ma per la bambina, capace di stupore, il richiamo è irresistibile e corre dietro al nastro incurante nella pioggia.

In quel momento la grotta frana e inghiotte dentro di sé greggi e pastori.

In un attimo quello che era non è più.

Il nastro azzurro e il suo volteggiare erano stati salvezza.

La gente del posto, gridò al miracolo e conservò il ricordo di quel catastrofico giorno e dello strano volteggiare del nastro azzurro.

E il ricordo, di generazione in generazione, si è arricchito di mistero e fantasia, fino a divenire leggenda; la leggenda ispiratrice dell’opera di Maria Lai.

L’insegnamento della leggenda è semplice e grandioso allo stesso tempo: l’inutile è indispensabile.

Non c’è cosa più necessaria del superfluo.

É da questa consapevolezza che prende corpo l’idea di Maria Lai: legare tra loro tutte le case del paese con un lungo nastro azzurro e il nastro azzurro alla montagna sovrastante come simbolo della complicità tra gli uomini e di interrelazione tra uomo e natura e tra uomo e trascendente.

Dalla leggenda al monumento vivente

Le proposte della Lai suscitano il risvegliarsi di antichi rancori tra abitanti.

Molte sono le critiche, molti i rifiuti a collaborare.

Ma Maria Lai non si ferma; ascolta una ad una le famiglie del paese e, insieme a loro, giunge ad una decisione: il nastro azzurro non legherà semplicemente le case, ma racconterà qualcosa del rapporto che corre tra casa e casa: se a legarle c’è un rapporto di affetto e parentale il nastro si arricchirà di un pane della festa; se c’è un legame di amicizia, di un nodo; se invece, come spesso capita, c’è rancore e odio il nastro sarà solamente teso.

Le donne, lentamente, furono le prime a lasciarsi coinvolgere e piano piano, l’idea si espanse e prese forma.

L’opera di realizzazione durò tre giorni.

Protagonista era un nastro azzurro lungo 27 km donato da un commerciante del paese.

Il primo giorno il nastro venne tagliato in numerosissimi pezzi, il secondo fu distribuito agli abitanti e il terzo, fu legato fra porte, finestre e terrazze di case, ridisegnando le relazioni vecchie e nuove fra donne, bambini, pastori e anziani.

L’opera “presente” si trasformò in qualcosa senza precedenti: una co-realizzazione.

Ad un segnale convenuto tutti si misero in moto per sistemare e legare il loro nastro.

Alla fine della giornata, tutta Ulassai appariva come un lavoro di telaio: ogni casa, capanna, stalla e i grandi e i piccoli edifici di ogni genere erano legati tra loro come in un arazzo realizzato al telaio.

L’opera della Lai però non è rintracciabile nel solo arazzo che ha legato gli edifici, ma in quei legami che ognuno ha rielaborato, rinforzato e modificato realizzando il progetto dell’artista.

Non semplicemente un’opera, ma un’opera relazionale che solo in un secondo tempo ha trovato posto nella storia dell’arte. 

Grazie al progetto “Diario visivo” le bambine e i bambini della classe sono entrati in contatto con la storia dell’artista e al concetto base di “essere è tessere”; tessere legami, relazioni, parole…

Spedire bellezza, questo il compito: ogni bambino ha realizzato una cartolina seguendo le orme dell’artista; le cartoline sono state poi spedite ad una classe gemellata di un’altra regione in uno scambio virtuoso di pensieri cuciti.

Il laboratorio può essere replicato anche tra classi di uno stesso plesso, tra classi di scuole limitrofe o dello stesso istituto.

I materiali sono tutti di recupero: ritagli di stoffa, fili, pezzi di cartoncino colorato.

La cartoline sono state realizzate su due cartoncini: uno del formato cartolina 13×18 ed una più piccola 10×15.

Sul cartoncino più piccolo sono state realizzate le opere con i ritagli di stoffa e successivamente cucite riproducendo i fili di un telaio, in tutto, in parte, in angolo.

Ognuno secondo il suo sentire e la sua creatività.

A opera finita, i cartoncini sono stati incollati su quello più grande.

La cartolina, con l’indirizzo generico della classe a cui è dedicata e il francobollo handmade, insieme ai saluti riportava il titolo dell’opera e l’idea sottesa.

Spedire e ricevere bellezza; una gioia.

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Le parole si associano alle immagini e ai colori.
E parola dopo parola, i suoni prendono forma legandosi quasi magicamente uno con l’altro. Scoprirsi in grado di leggere un libro da soli è qualcosa di edificante in grado non solo di generare autostima e fiducia nelle proprie capacità, ma di mantenere vivo l’interesse per la lettura e la voglia di conoscere ed esplorare altri libri. Il libro offre una parte dedicata alle prime attività per la scrittura in corsivo; un libro per leggere e per fare.


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