Gianni Rodari e María Montessori: oggi come ieri; con la stessa forza e la stessa necessità

…perché il processo educativo non riguarda solo i test, le interrogazioni , gli esami e le valutazioni , ma è molto molto di più.

É qualcosa che non riguarda solo insegnanti, gli educatori e gli studenti: è del singolo come della collettività.

La scuola è il mondo nella sua interezza, non uno spicchio selezionato (e magari pure male!)

Educare significa offrire esperienze, dare occasioni, creare situazioni stimolanti; significa favorire l’osservazione dei fatti e delle cose attraverso i sensi e si fonda necessariamente sull’esperienza diretta del bambino.

Dai sensi all’esperienza; dall’esperienza al ragionamento alla riflessione e alla scoperta.

Tutto ciò che circonda il bambino e il ragazzo è fonte di esperienza e di conoscenza significativa e autentica, non un mondo a parte.

Non esistono mondi diversi, ne esiste uno solo, come uno solo è l’uomo e la sua mente.

M. Montessori pone al centro del proprio progetto educativo la formazione di un cittadino globale, cosmico, planetario (Santerini 2011) e poggia le sue fondamenta su un nuovo incontro tra l’adulto e il bambino, non un incontro fatto di verbalismi, ma di fatti e di esperienze.

Un incontro importante in grado di attivare un processo di crescita responsabile per la formazione di futuri cittadini del mondo interessati al bene comune e impegnati nella realizzazione di una democrazia cosmica.

 “il bambino  è dotato di poteri sconosciuti, che possono guidare l’adulto a un avvenire luminoso”. M.Montessori

Un solo mondo, un solo uomo, una sola mente.

Anche G.Rodari si muove sulla stessa linea di M. Montessori, quella dell’esperienza, della concretezza e della democrazia; quella della necessità di un cambiamento nella convinzione che solo i bambini abbiano la forza per attuarlo.

La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni. Le fiabe (ascoltate o inventate) non sono «tutto» quel che serve al bambino. Il libero uso di tutte le possibilità della lingua non rappresenta che una delle direzioni in cui egli può espandersi. Ma «tout se tient», come dicono i francesi.
L’immaginazione del bambino, stimolata a inventare parole, applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza che sfideranno il suo intervento creativo. Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport (se non diventano un affare). 
La grammatica della fantasia,G.Rodari