2 giugno 1946; per la prima volta tutti gli italiani, uomini e donne, furono chiamati alle urne per decidere la forma di stato da dare al Paese: monarchia o repubblica?
Oggi, in quella stessa data, si celebra la Festa della Repubblica italiana.
Una festa che racchiude in sé molte importanti ricorrenze: non solo la la scelta repubblicana e l’elezione dell’assemblea costituente, ma quella delle prime elezioni libere dopo un ventennio di dittatura fascista e delle prime elezioni politiche a suffragio universale, maschile e femminile.
Le donne si recarono in massa alle urne e lo fecero in modo ancora più massiccio rispetto agli uomini.
A loro venne raccomandato di recarsi alle urne senza rossetto per evitare che umettando la scheda con le labbra per chiuderla, rendessero nullo il proprio voto.
E senza rossetto, in quel fatidico 2 giugno del 1946, le donne si recarono alle urne dando alla Repubblica Italiana 556 “padri” e, per la prima volta, ventuno “madri”.
Attività in classe
Far rivivere la storia del grande passaggio tra Monarchia e Repubblica che ha caratterizzato la recente storia del nostro Paese, raccontare e cercare foto e immagini per riflettere e discutere insieme; per parlare di diversità e democrazia.
Perché sì, la democrazia si impara a scuola, vivendola, non sui libri.
La democrazia cresce e si sviluppa mano a mano che si vive e si sperimenta; mano a mano che si impara ad ascoltare, a riflettere e a osservare; cresce e si sviluppa mano a mano che, insieme- scuola, famiglia e società- ci facciamo comunità educante .
Materiale di supporto
Parlare della Repubblica Italiana anche attraverso la storia che ha portato alla nascita dei suoi simboli patri -l’emblema, la bandiera e l’inno- alla scoperta di simbologie e di valori.
In particolare si può ripercorrere brevemente la storia del passaggio istituzionale attraverso la presentazione della nomenclatura dell’emblema della Repubblica Italiana, guidando i bambini verso quella ricostruzione storica che diventa anche ricostruzione concreta dell’emblema e dei suoi simboli.
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Maria Montessori e Don Milani, due menti straordinarie; diversi i luoghi, diversi i tempi; una l’idea di fondo: l’educazione come punto di partenza per la costruzione di un’umanità più giusta e responsabile.
Un uomo e una donna che hanno speso la loro vita per l’educazione partendo proprio da quei bambini che la società e la scuola lasciavano da parte.
A volte mi piace pensare a come sarebbe stato il loro incontro, su cosa si sarebbero confrontati e a cosa avrebbe portato una loro possibile collaborazione…
Entrambi decisero di partire proprio da quei bambini lasciati a loro stessi e “scartati” dal mondo dell’educazione e dell’istruzione; decisero che non li avrebbero educati con la coercizione o la spersonalizzazione, ma che li avrebbero educati in un clima di libertà e rispetto, restituendo loro dignità e tempo.
Entrambi non avevano ricette preconfezionate cui dar forza, il loro unico punto fermo era la persona e proprio intorno alla persona girava tutta la loro cura e la loro dedizione.
Loro comune obiettivo era educare e fornire a tutti gli strumenti per costruire e sviluppare una mentalità critica dando spazio alla libera creatività di ognuno, valorizzandola e rinforzandola costruendo passo dopo passo non solo apprendimenti, ma persone.
Valorizzare le individualità dunque per permettere ai bambini di credere nelle loro personali capacità rendendoli non solo idealmente propositivi, ma anche attivi e concreti sperimentatori; valorizzare le individualità per dare possibilità e fiducia; valorizzare le individualità per riconoscere ognuno come persona in grado di costruire il proprio percorso di crescita e sviluppo .
Crescere in un ambiente che valorizza l’individualità di ognuno, significa anche avviare allo spontaneo riconoscimento delle diversità e delle particolarità altrui nella comune valorizzazione di quel potenziale umano che ci caratterizza.
Un obiettivo, quello di M.Montessori e di Don L. Milani che non può stare chiuso tra le mura della scuola; un obiettivo che, grazie ai bambini, trasuda dai muri, scende nelle vie e riempie le piazze, i mari e i fiumi popolando l’umanità di persone capaci governare in modo maturo, giusto e responsabile quello stesso mondo che abiteranno.
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“Noi vedremo come il bambino lavori da sé al proprio perfezionamento. La strada giusta gli é indicata non solamente dagli oggetti che adopera, ma altresì’ dalla possibilità di riconoscere da solo i propri errori per mezzo di questi oggetti”.
Maria Montessori
Accorgersi dei propri errori e correggerli senza l’intervento dell’adulto, non è solo uno dei grandi passi verso la conquista dell’indipendenza, ma anche un nuovo modo di concepire sé stessi e gli altri, non come infallibili e perfetti, ma protagonisti di un continuo percorso di crescita e cambiamento che forma, caratterizza e differenzia.
Errore dunque, non come qualcosa da cui rifuggire, ma come preziosaoccasione di perfezionamento e conoscenza di sé stessi.
L’errore, nella pedagogia montessoriana, è qualcosa di estremamente prezioso che presuppone anche un decentramento dell’adulto in campo educativo.
L’adulto non giudica e non condanna l’errore; semplicemente osserva il dispiegarsi delle idee creative e dei pensieri dei bambini generatori di osservazioni e infinite sperimentazioni .
Ed è proprio per permettere questa libertà di percorsi che nascono sempre da una spinta innata che porta ogni bambino ad intraprendere in modo naturale il proprio cammino di crescita, che M.Montessori struttura il materiale di sviluppo.
Materiale che, durante l’utilizzo, mostra in modo evidente l’errore permettendone, di conseguenza, la correzione autonoma.
Il bambino così, finalmente libero di sperimentare e libero da ogni giudizio, procede dando spazio alle proprie spinte creative, cercando risposte a domande e curiosità; passo dopo passo, ogni bambino, in modo estremamente naturale conquista sempre nuovi apprendimenti secondo i propri tempi, i propri ritmi e il proprio stile.
Ciò che sta dietro l’ideazione stessa del materiale autocorrettivo è dunque qualcosa di estremamente grandioso: l’errore non si nasconde; non è più una vergogna culturalmente indotta, ma il vero protagonista dell’intero processo di apprendimento.
Tramite il percorso di sperimentazione, verifica ed autocorrezione, l’apprendimento procede in modo spontaneo e assolutamente autonomo e l’autostima ne esce vestita di forza sempre nuova.
Attività in classe
Materiale autocorrettivo per la correttezza ortografica: uso della lettera h
L’attività si compone di cinque carte principali, un mazzo con i cartellini delle frasi e le tavole di controllo.
Le cinque carte principali indicano i casi in cui si utilizza o non si utilizza la lettera h
Le quattro carte principali
Svolgimento dell’attività
Si dispongono le carte principali sul piano di lavoro o sul tappeto, si pesca un cartellino dal mazzo, si legge la frase e si posiziona sotto la rispettiva carta.
Posizionati tutti i cartellini, la correttezza dell’attività viene verificata con le tavole di controllo in assoluta autonomia.
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Da tempo ormai i bambini e le bambine fanno la spesa in classe.
Inizialmente con scatole e barattoli di alimenti o prodotti per la casa e la persona, accuratamente prezzati e disposti sui banchi. Prodotti da da scegliere e comprare pagando con i soldi a disposizione nel proprio portafoglio e verificando il resto ricevuto.
Poi facendo spese molto più grandi, riempiendo carrelli virtuali disegnati sui quaderni.
Come? Divertendosi!
Monete e banconote a disposizione
E una lunga serie di prodotti da scegliere, da quelli poco costosi a quelli molto costosi per lavorare concretamente con le centinaia, le decine e le unità di euro, ma anche con le decine e le unità di centesimi.
I bambini e le bambine scelgono i prodotti e li inseriscono nel proprio carrello e, mano a mano, compongono il loro scontrino.
Il divertimento è fare spese grandissime e…calcoli lunghissimi.
Hanno imparato così a lavorare con i numeri decimali facendo somme e differenze con la massima naturalezza.
I bambini “concretizzano” la spesa preparando i soldi necessari a pagarla, ma la cosa più divertente è, sicuramente, non avere i soldi precisi per pagarla, ma un po’ di più e dover attendere il resto dai compagni.
I bambini calcolano la spesa e il resto e poi…verificano in modo assolutamente autonomo.
Con un vecchio, vecchissimo, calcolatore da ufficio il divertimento è assicurato: a fine attività stampano il proprio scontrino fisico con tanto di resto calcolato.
L’autocontrollo può comunque essere svolto con l’utilizzo di una semplice calcolatrice.
Beh, forse non è proprio così strano se tutti vogliano sempre fare la spesa…
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Parliamo molto di elettricità, risparmio energetico, energia pulita e non.
Diamo sempre però per scontato il concetto di energia e di elettricità senza farne un passaggio esperenziale di scoperta generatore di sempre nuove e accese curiosità.
Scoprire la potenza dell’elettricità attraverso semplici esperimenti e percependola direttamente sul proprio corpo è qualcosa di travolgente, proprio come travolgente fu la casuale scoperta di Pieter van Musschenbroeck nel 1746 con quella che fu poi chiamata la bottiglia di Leida in onore della città del suo inventore.
Dal momento in cui il fisico olandese decise di rendere pubblica la sua scoperta si moltiplicarono gli esperimenti sull’elettricità che hanno portarono a grandi scoperte e innovazioni.
Le presentazioni del suo esperimento furono svolte anche carattere ludico ( giocando si impara!) e nacque addirittura la moda dei girotondi elettrici: la scarica elettrica era in grado di attraversare un gruppo di persona in cerchio quando le persone ai capi della catena toccavano le due estremità: vetro e conduttore.
esperimento della bottiglia di Leida con materiale facilmente reperibile:
bicchieri di plastica, alluminio da cucina, tubo in lvc o palloncino panno di lana.
Un esperimento che genera meraviglia e sorpresa e che dimostra in modo estremamente semplice il passaggio dell’elettricità attraverso un elemento che funge da conduttore, la bandierina.
Materiali scaricabili
Storia della bottiglia di Leida e esperimento sull’elettrostatica
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Scoprire il mondo delle api anche attraverso gli strumenti utilizzati dagli apicoltori che se ne prendono cura.
In classe, grazie al materiale messo a disposizione da un apicoltore abbiamo pensato di realizzare una piccola mostra.
Nei giorni precedenti abbiamo fatto ricerche e osservato con attenzione tutti i materiali a disposizione.
In particolare abbiamo ricercato le origini del rapporto tra l’uomo e l’ape, scoprendo che già al tempo degli antichi Egizi l’uomo aveva piena consapevolezza del ruolo insostituibile dell’ape per il benessere dell’ambiente.
L’ape era un insetto sacro ed era stato donato all’uomo dal dio Ra.
Già gli Egizi costruivano le loro arnie in terracotta e raccoglievano il miele.
I suoi utilizzi erano innumerevoli: andavano dall’alimentazione alla cura, dall’ imbalsamazione alla profanazione, dalla cosmesi ai collanti per prodotti artistici.
Oggi le nostre arnie non sono di terracotta e sono strutturate in modo rispettare le necessità dell’ape e del suo ciclo vitale e produttivo.
Bambini e bambine hanno scoperto che l’arnia è costituita da ben 11 componenti fondamentali, ognuno con uno specifico ruolo.
I bambini si sono messi in gruppo e con scatole, colla e fogli hanno costruito un’arnia di cartone da aggiungere alla mostra.
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Gli studi paleontologici hanno permesso di collocare lo sviluppo degli apoidei attorno a 135 milioni di anni fa, quando le Angiosperme si differenziarono e divennero dominanti tra le specie botaniche presenti.
Da allora api e fiori hanno percorso insieme il cammino evolutivo che ha portato allo sviluppo e al perfezionamento del loro rapporto.
L’uomo si inserisce nella storia dell’ape milioni di anni dopo.
Si può logicamente supporre che sia stato l’orso a far nascere nell’uomo la curiositàdi vedere cosa di tanto speciale quegli animali andassero cercando in mezzo a tanti insetti, arrivando così a scoprire quella speciale dolce e densa sostanza.
All’inizio non c’era l’apicoltura, così come non c’erano né l’agricoltura, né l’allevamento.
L’uomo del Mesolitico era un cacciatore e un raccoglitore di miele e per farlo utilizzava utensili e perfezionava tecniche.
Affumicare i nidi per raccogliere il miele con facilità; questa sicuramente la tecnica più usata.
Sono le antichissime pitture rupestri a darcene testimonianza.
Un piccolo libro stampabile per raccontare la storia dell’uomo e delle api attraverso l’arte antica.
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Ascoltare e leggere storie non solo per il piacere di farlo, ma anche per imparare ad “alleggerirle” cogliendone i tratti fondamentali.
Un’attività utile a sviluppare e affinare la capacità di comprensione e di produzione scritta.
Fornire gli strumenti per mettere tutti gli alunni nella condizione di svolgere in autonomia l’attività di rielaborazione e ricostruzione di un testo, significa non solo renderla inclusiva, ma renderla motivante e gratificante.
Attività in classe
Le attività proposte sono numerose:
In una speciale scatola in classe ci sono storie, favole e leggende.
Ognuno può scegliere quella che più incuriosisce o quella che più piace. Può scegliere di farla da solo in compagnia, al banco o sul tappeto.
Le attività presentano due percorsi che possono essere scelti o sviluppati entrambi: un percorso che prevede la lettura con un’attività di comprensione, sintesi e rielaborazione, e un altro maggiormente inclusivo che presenta le storie suddivise in strisce.
Ogni striscia presenta l’inizio di ogni sequenza narrativa che deve essere mentalmente completata per individuarne la successiva.
Alcune attività proposte sono costituite da sequenze narrative complete, altre con un incipit che prevede invece il completamento.
A fine percorso, attraverso la tavola di controllo, i bambini possono verificare in autonomia l’esattezza del percorso svolto.
Le storie possono poi essere rielaborate in forma scritta o verbale.
Le “Favole al telefono” non conoscono il passare del tempo: i paesi visitati da Giovannino Perdigiorno, la minuscola Alice Cascherina, gli eventi imprevisti, le strade di cioccolato e i saporitissimi palazzi di gelato…
Storie e filastrocche per giocare con gli errori, per imparare ridendo, per creare quella magnifica grammatica della fantasia che solo Rodari ha potuto immaginare e proporre, sorridendo, ai suoi lettori
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«Noi giovani maestri inesperti, nel passaggio dalla dittatura alla libertà e dalla guerra alla pace, cercammo insieme di realizzare la democrazia a scuola e attraverso la scuola».
Mario Lodi, Nel paese sbagliato, Einaudi
Era il 2 giugno e c’erano le donne, tante, a votare.
Era il 2 giugno e c’era la ferma volontà di creare un futuro diverso.
C’era voglia di cambiare e di dimenticare; il ventennio fascista, la guerra, le mosse politiche e diplomatiche…
Un anelito di libertà e di progresso aleggiavano nell’aria dal Nord al Sud.
Tante le spaccature, profonde quelle sulla questione istituzionale del nostro Paese.
Era il 2 giugno e, alle urne, si sceglieva tra Repubblica e Monarchia e si eleggevano i deputati dell’Assemblea Costituente cui sarebbe spettato il compito di redigere la nuova carta costituzionale.
L’affluenza al voto fu altissima.
Il passaggio dalla monarchia alla Repubblica non avvenne in modo idilliaco; c’era tensione e c’erano polemiche e accuse di brogli e irregolarità.
Ci furono ricorsi e reclami.
Esaurita la valutazione dei ricorsi, il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica Italiana.
L’Italia cessava di essere una monarchia e diventava una Repubblica
Attività in classe
Far rivivere la storia del grande passaggio tra Monarchia e Repubblica che ha caratterizzato la recente storia del nostro Paese, raccontare e cercare foto e immagini per riflettere e discutere insieme; per parlare di diversità e democrazia.
Perché sì, la democrazia si impara a scuola, ma non sui libri.
La democrazia cresce e si sviluppa mano a mano che si vive e si sperimenta; mano a mano che si impara ad ascoltare, a riflettere e a osservare; cresce e si sviluppa mano a mano che, insieme- scuola, famiglia e società- ci facciamo comunità educante .
Materiale di supporto
Parlare della Repubblica Italiana anche attraverso la storia che ha portato alla nascita dei suoi simboli patri -l’emblema, la bandiera e l’inno- alla scoperta di simbologie e di valori.
In particolare si può ripercorrere brevemente la storia del passaggio istituzionale attraverso la presentazione della nomenclatura dell’emblema della Repubblica Italiana, guidando i bambini verso quella ricostruzione storica che diventa anche ricostruzione concreta dell’emblema e dei suoi simboli.
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Ricostruire un problema partendo dall’analisi delle sue parti fondamentali, testo e domanda, presuppone un’attenta riflessione linguistica necessaria e funzionale alla risoluzione.
Nello sviluppo dell’attività proposta, è proprio attraverso questa riflessione che si arriva alla scelta della domanda logicamente possibile e quindi alla ricomposizione del puzzle.
Spesso la difficoltà nella risoluzione dei problemi aritmetici è prettamente linguistica e non matematica e una formulazione linguistica complessa finisce per precludere la strada anche a bambini con buone potenzialità matematiche: la corretta decodifica linguistica si antepone al problema matematico vero e proprio.
Ogni asserzione matematica è fatta di aspetti semantici e sintattici, di dati linguistici espliciti e impliciti la cui corretta decodifica risulta determinante nella risoluzione del problema. Ricomporre un puzzle di problemi riflettendo mano a mano su testi e domande e sulle loro possibili relazioni, porta a sviluppare competenze specifiche di decodificazione linguistica del testo verbale e a padroneggiare indicatori logici e parole chiave per la corretta interpretazione del testo e la successiva risoluzione del problema.
Attività in classe: puzzle dei problemi
Il materiale proposto comprende comprende due serie di problemi suddivisi in testo e domanda.
L’attività prevede la ricomposizione dei problemi analizzando i testi e le domande possibili.
Solo dopo la ricomposizione del puzzle dei problemi e quindi dopo la loro comprensione linguistica, si passa alla fase risolutiva.
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“PER INSEGNARE BISOGNA EMOZIONARE. MOLTI PERÒ PENSANO ANCORA CHE SE TI DIVERTI NON IMPARI”. (MARIA MONTESSORI)
Il nostro sistema educativo risente ancora molto di una didattica che contrappone il gioco all’apprendimento.
Il coinvolgimento gioca un ruolo fondamentale nel percorso di crescita e sviluppo e le attività ludiche sono, per definizione, altamente coinvolgenti.
L’apprendimento avviene secondo un percorso di scoperta che coinvolge la personalità del bambino in maniera totalizzante. E il gioco riveste sicuramente un ruolo fondamentale all’interno di questo percorso: non solo stimola il pensiero cognitivo, ma lascia tracce importanti a livello emozionale, affettivo e relazionale.
Il gioco è sempre coinvolgimento attivo, è socialità e collaborazione, è tensione verso il raggiungimento di obiettivi e ricerca strategica.
Gioco è riconoscimento delle diversità, è collaborazione attiva nella pluralità dei punti di vista, è costruzione collettiva e, in quanto tale, mai riproduttiva.
Gioco è piacere, non ansia. .
E giocando si impara: l’attenzione si concentra sulle dinamiche del gioco, non sui contenuti disciplinari e la ricerca di soluzioni stimola continuamente l’inventiva, la fantasia, la creatività e il pensiero divergente.
Attività in classe
Tutte le attività, anche quelle apparentemente più “noiose”, possono essere proposte sotto forma di gioco attraverso materiale concreto che rende evidenti i fatti numerici ( D.Lucangeli) eliminando le ambiguità linguistiche.
Domino matematici per la memorizzazione delle tabelline o per velocizzazione delle strategie di calcolo, giochi di abbinamenti, associazioni o qualsiasi altro tipo di attività giocosa che, come tale, abbia il potere di coinvolgere il bambino per un tempo prolungato, favorendo il mantenimento della concentrazione e una partecipazione attiva fino al compimento dell’attività, genera necessariamente apprendimento.
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Non una parola qualunque, la parola per eccellenza.
La parola che sorregge l’intero impianto del discoro; la parola intorno alla quale si costruisce l’intera rete di relazioni tra tutte le altre parti del discorso.
Verbo e nome; strutture portanti di frasi e pensieri.
Ma il verbo, ancor più del nome, ha la prerogativa di cambiare in continuazione: un vero trasformista.
Le sue varietà di forme danno precise indicazioni su tempi, contesti, atteggiamenti e circostanze.
Nella favola delle parti del discorso di M.Montessori il verbo è il sole rosso che non si ferma mai e “irradia la sua forza animando la materia”.
Il bambino utilizza in modo corretto tutte le parti del discorso, compreso il verbo nella gran parte delle sue forme, già in tenerissima età.
Le attività strutturate da M.Montessori mirano infatti a guidare i bambini alla riflessione sul verbo e la sua funzione all’interno del discorso portando alla luce ciò che già possiedono in modo implicito.
La sua proposta è giocosa e divertente e conduce ad importanti e fonfdamentali riflessioni.
Ai giochi e alle attività collettive, con cui suggerisce di iniziare il processo di riflessione, segue un’attività più sistematica di riflessione linguistica con lo sviluppo delle scatole grammaticali.
Attività in classe
Il modo indicativo.
L’attività proposta si integra con lo sviluppo delle prime cinque scatole grammaticali e con l’albero dei verbi.
Seguendo lo schema della tavola dei verbi i bambini dividono i tempi tra semplici e composti e procedono con il riconoscimento e l’analisi di tutte le voci verbali.
M. Montessori ed Emma Castelnuovo: mani e menteper una matematica davvero inclusiva
...perché la mente è meno democratica delle mani
Emma Castelnuovo
Laboratorio di geometria intuitiva
Geometria non è astrazione, geometria è vedere con gli occhi della mente.
É vedere i mutamenti e le trasformazioni, è percezione di movimento, non di staticità.
Ma poiché, come amava dire la grande matematica, la mente è meno democratica delle mani, per dare la possibilità a tutti di fare scoperte è necessario utilizzare strumenti che permettano di vedere la dinamicità delle forme e le trasformazioni delle figure individuandone in modo intuitivo le regole e le proprietà sottese.
Emma Castelnuovo e Maria Montessori hanno progettato modi concreti per rendere visibile la matematica nella comune convinzione che l’apprendimento emerge in modo spontaneo con tutta la sua forza attiva, creativa e costruttiva.
Semplici spaghi, elastici e barrette di ferro, plastica o cartone offrono infinite possibilità per comprendere anche i concetti più difficili che, solo in un secondo momento, giungono al grado della concettualizzazione e dell’astrazione.
Insegnare a guardare con attenzione per osservare le trasformazioni che ogni giorno avvengono intorno a noi: il ritmo delle foglie che nascono sui ramoscelli a primavera, le cento diverse forme di ellissi che disegna a terra l’ombra del cerchio di un segnale stradale esposto al sole o di qualsiasi altro oggetto di qualsiasi altra forma che ci circonda…
Osservare con pazienza e cura.
Porsi domande sperimentare e…scoprire.
Attività in classe:
Sperimentare la geometria e le proprietà delle figure attraverso la manipolazione che ne permette la trasformazione dinamica.
Il materiale dei listelli e dei chiodini permettono sperimentazioni e trasformazioni
Costruire e osservare un quadrato non è come disegnarlo; basta allontanare o avvicinare tra di loro le aste che tutto cambia e il quadrato…non c’è più!
Con poche mosse, bambine e bambini, scoprono che il quadrato può trasformarsi in un rombo e scoprendone così, allo stesso momento, anche caratteristiche e analogie.
E il rombo a sua volta lo posso considerare un parallelogramma?
Attraverso domande precise, che si possono fare all’interno di una presentazione dialogata con gli strumenti tra le mani materializzando quanto viene detto o ipotizzato si possono fare mille scoperte.
Manipolando il triangolo, ad esempio, i bambini scoprono che è una figura rigida e fissa che non permette dinamicità e trasformazioni: il triangolo non si muove, mentre gli altri poligoni si trasformano tra le mani.
E questa è una scoperta impagabile che non può essere paragonata ad alcuna definizione. Le attività e gli spunti che possono nascere sono infiniti: uscendo dalla classe si possono cercare strutture a triangolo, osservare gli oggetti che abbiamo a casa e a scuola, dalle assi che reggono la tavola per il ferro da stiro, al cavalletto, all’architettura, e perché no anche nel corpo umano, quando allarghiamo le gambe per essere più stabili…
E perché, avendo a disposizione listelli di misure diverse, alcuni triangoli “non si chiudono”?
Si prova, si cambia e si misura fino a alla scoperta della proprietà: per costruire un triangolo la somma di 2 lati deve essere maggiore del terzo lato…
Non servono definizioni da imparare, bastano le mani per provare…
E il rettangolo? Si trasforma in un parallelogramma.
Ma … trasformando le figure i perimetri cambiano?
E le aree?
Le scoperte sono tantissime e come tutte le scoperte, entusiasmanti, profonde, incancellabili.
Le carte delle figure piane
Le carte per la geometria piana si abbinano al materiale concreto invitando alla costruzione autonoma delle figure.
Le carte presentano una serie di poligoni di cui si evidenziano definizioni e caratteristiche.
Ogni figura comprende tre carte: disegno, lati. angoli e diagonali.
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Avere la possibilità di fare una cosa divertendosi vuol dire ripeterla e quindi, nel caso delle tabelline, memorizzarla.
L’attività si compone di una tavola con le “tabelline essenziali” che riproduce la IV tavola della Montessori per la memorizzazione delle tabelline.
La tavola esclude le tabelline inverse e riduce drasticamente le tabelline da memorizzare lasciando la memoria “libera” per altre memorizzazioni necessarie.
Il principio è semplice e l’attività pure.
Sulla tavola, che riproduce essenzialmente la tavola pitagorica, sono oscurate/colorate le tabelline che non devono essere memorizzate.
Da un sacchetto, a turno, si pescano, un po’ come in una tombola, i risultati delle tabelline ottenute incrociando sulla tavola i numeri in orizzontale e verticale.
Come tavola di controllo si utilizza la tavola pitagorica, fino alla completa memorizzazione.
L’attività piace e diverte e…divertendosi si impara!
Attività svolta individualmente
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Preparare un regalo per la mamma è sempre qualcosa di coinvolgente e lo è ancora di più se richiede cura, tempo e attenzione.
Cura e tempo che lasciano spazio all’immaginazione e all’emozione.
L’emozione che si lega all’atto del donare.
Attività in classe
Da piccoli ritagli all’idea del ricamo a punto croce.
Ogni bambino ha iniziato a ricamare l’iniziale del nome della mamma e , punto dopo punto, ha visto crescere il lavoro dalle proprie mani dando forma, bellezza e colore alla lettera che andava via via formandosi.
L’emozione non era poi solo quella legata alla soddisfazione di quanto realizzato con le proprie mani, ma anche quella di vivere e godere anticipatamente dell’emozione della mamma nel momento del dono.
Ago, filo e cura per i tanti capolavori realizzati: iniziali da appendere alla borsa o come spille da tenere sul taschino della giacca.
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