Month: Febbraio 2022

Gerald Holtom e il simbolo della pace

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«Ero in uno stato di disperazione. Profonda disperazione. Ho disegnato me stesso: la rappresentazione di un individuo disperato, con le palme delle mani allargate all'infuori e verso il basso, alla maniera del contadino di Goya davanti al plotone d'esecuzione. Ho dato al disegno la forma di una linea e ci ho fatto un cerchio intorno».
(Gerald Holtom)

Il simbolo della pace che tutti conosciamo è stato ideato da  Gerald Holtom, un grafico pubblicitario britannico obiettore di coscienza durante la seconda guerra mondiale.

Il simbolo in realtà non nasce come emblema della pace, ma in occasione di una campagna per il disarmo nucleare.

Era il 1958 e in Gran Bretagna  il Direct Action Committee against Nuclear War (Comitato d’Azione Diretta contro la Guerra Nucleare) organizzò la Marcia Aldermaston.

Holtom fu incaricato di idearne un simbolo.

Holtom pensò a qualcosa di estremamente semplice e di effetto.

Pensò al contadino di Goya, ma poi lo rovesciò; il suo non doveva essere un simbolo di rassegnazione…

Poi ebbe un’intuizione: utilizzare l’alfabeto semaforico navale per le lettere N e D per significare Nuclear Disarmament.

Alfabeto semaforico navale:N e D

Trasformò le immagini in linee e le iscrisse in un cerchio per rappresentare l’unione del mondo contro gli armamenti nucleari e contro ogni tipo di violenza e di guerra.

Per scelta, Holtom, non protesse il suo logo con il copyright e ciò ne favorìla diffusione.

La vera esplosione del simbolo della pace si manifestò negli anni ’60 in occasione dei movimenti i contro la guerra del Vietnam che attraversarono tutti gli Stati Uniti.

L’estrema facilità con cui il simbolo poteva essere disegnato, permisero al logo di Holtom di coprire i volti, i muri e le automobili di un’intera generazione.

Il logo cambiò così il suo significato originario e divenne a tutti gli effetti il “simbolo per la pace”.

Attività in classe:

Presentazione del simbolo della pace con attività correlate

Tra pace e guerra: il dialogo

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Scaffale di classe

“Sei corvi”, Leo Lionni, Babalibri editore

La storia, scritta e illustrata a collage dallo stesso Lionni, affronta il difficile tema della guerra vista in tutta la sua futilità .

I sei corvi e un contadino si fanno guerra per il grano: i primi per prenderlo e il secondo per proteggerlo.

Corrono agli armamenti costruendo infernali macchinari: spaventapasseri sempre più spaventosi per spaventare gli uccelli e uccelli sempre più orribili da spaventare lo stesso spaventapasseri.

Presi dalla foga della guerra, corvi e e contadino, si dimenticano del grano; si dimenticano dello stesso motivo che li ha spinti ad iniziare la guerra.

E avrebbero continuare a guerreggiare se non fosse intervenuto il saggio gufo.

Perché non smettere di farsi la guerra e iniziare a parlare?

Perché non cercare un compromesso?

Un libro perfetto per i più piccoli e per i più grandi.

Un libro per riflettere sul conflitto, sulla pace e a ciò che sta in mezzo: il dialogo.

Domino matematici per una matematica divertente

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“La conoscenza che viene acquisita con l’obbligo non fa presa nella mente. Lasciate che la prima educazione sia una sorta di divertimento”

Platone

Un domino per divertirsi.

Un domino per contare e calcolare.

Un domino per muoversi con disinvoltura nel mondo dei numeri.

Attività

Il materiale si presenta come un gruppo di tre serie diverse che prevedono attività di calcolo differenziate.

Per completare il domino è necessario eseguire i calcoli ed ogni alunno può scegliere la modalità che gli è più consona: perle, regoli, tappi o tavola pitagorica.

L’attività può essere fatta individualmente, in coppia o in gruppo.

I bambini possono posizionare una tessera a turno e, sempre a turno, verificare l’esattezza del calcolo effettuato sempre attraverso l’uso del materiale a disposizione.

Il domino può essere sviluppato a terra o su un piano di lavoro, a seconda della modalità preferita.

Video di presentazione dell’attività:

Carnevale e guerra: quale messaggio?

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Ieri i bambini e le bambine sono arrivati a scuola con gli occhi pieni di immagini di guerra e nella mente parole ascoltate per raccontarla.

Parole captate; una di qua…una di là; in famiglia, dai servizi televisivi e radiofonici.

Parole difficilmente spiegabili e quasi mai spiegate.

Parole depositate in classe nel nostro cerchio magico, con l’emozione negli occhi e nel cuore.

Parole accolte e raccolte con cura.

Tutte, senza lasciarne cadere nemmeno una…

Sulla labbra fiorivano domande, tante.

Una più di tutte: perché?

E un sottile filo di paura aleggiava nell’aria.

La guerra è divenuta di colpo qualcosa di estremamente reale e possibile.

E parlare di pace e di guerra, una necessità impellente.

Pace e guerra contrapposte e da contrapporre.

Diritti e libertà da una parte e annientamento di ogni diritto umano dall’altra.

..e poi il Carnevale, una festa attesa e desiderata con le maschere di cartapesta in costruzione in un angolo della classe ancora ad asciugare.

Giusto? Sbagliato?

Forse no. Forse tutto è possibile. Forse un messaggio importante da dare, anche ora.

L’immaginazione dei bambini ancora una volta viene in aiuto ed è, come sempre, la migliore: salvifica.

Come la fantastica rodariana.

Carnevale è pace e armonia. É godere l’uno della presenza dell’altro. Delle parole e dei sorrisi reciproci.

É il mondo del “tutto è possibile”.

Ma Carnevale è anche immaginazione, immaginazione pura, senza limiti e confini.

E perché allora non immaginare un un mondo migliore, un mondo diverso, un mondo finalmente nuovo?

Proprio come le maschere di Carnevale che danno vita ad una poesia di G.Rodari.

“Se comandasse Arlecchino, il mondo sai come lo vuole?

(…)

E perché allora non festeggiare il Carnevale?

Perché non riempirlo di un nuovo senso e di un nuovo signifìcato.

Perché non immaginarsi in grado di poter cambiare il mondo e tutto quello che non va, tutto quello che non è giusto e che non funziona.

E perché non dare ai bambini il potere fantastico di farlo, fosse anche, per ora, solo per gioco?

Immaginare un mondo nuovo, in pace.

Ora, subito.

Ogni bambino ed ogni bambina potrà immaginare il mondo del futuro e scrivere il suo messaggio sulla propria maschera o su una fascia da indossare, proprio come quella dei sindaci.

Non c’è la cosa giusta e la cosa sbagliata da dire o immaginare, ma solo un mondo diverso da costruire insieme; un mondo ancora possibile.

Un mondo futuribile

E allora parlare di pace e di guerra, con la guerra negli occhi e le parole che la raccontano sulla bocca, sarà davvero possibile, con la freschezza e l’immaginario dei bambini.

Solo un promemoria potrà guidarci, e sarà ancora una volta quello serio, ma straordinariamente fresco e leggero, di G.Rodari

Promemoria

Ci sono cose da fare ogni giorno:lavarsi, studiare, giocare,preparare la tavola,a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:chiudere gli occhi, dormire,avere sogni da sognare,orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,né di giorno né di notte,né per mare né per terra:per esempio, la guerra

La pace è un’utopia? Gino Strada

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“Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future”

Gino Strada

Gino Strada, “chirurgo di guerra” come amava definirsi, fondatore di Emergency, vincitore del Right Livelihood Award 2015 , il premio Nobel alternativo per la Pace sintetizzava il suo credo con una bellissima frase di Albert Einstein: “La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”.

La pace è un’utopia?

E cos’è l’utopia?

Semplicemente qualcosa che ancora non c’è…

Oggi più che mai le parole di Gino Strada mi ritornano alla mente e sulle labbra.

E le cerco, voglio leggerle e assaporarle di nuovo e vorrei che davvero lo facessero tutti.

Sono un chirurgo.
Ho visto i feriti (e i morti) di vari conflitti nel mondo. Ho operato molti bambini colpiti dalle cosiddette “mine giocattolo”: grandi come un pacchetto di sigarette, sparse nei campi e dall’aspetto famigliare, pronte a esplodere non appena un bimbo incuriosito le tocchi e inizi a giocarci… mani perse, ustioni su petto, viso e occhi. Piccoli che restano ciechi e senza braccia. Conservo ancora un vivido ricordo di quelle vittime, e l’aver visto tali atrocità mi ha cambiato la vita. Ancora oggi quei bambini sono per me il simbolo vivente delle guerre contemporanee. Perché, chi paga il prezzo della guerra? Per la stragrande maggioranza gli innocenti. La guerra non significa altro che l’uccisione di civili, morte, distruzione.
È possibile un mondo senza guerra per garantire un futuro al genere umano? Molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. È vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro. È vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro. Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare”. (…). “La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente.L’abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione”. (…). “Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future”.

Discorso pronunciato al Parlamento svedese fondatore di Emergency,in occasione del  "Right Livelihood Award"“

Attività per la correttezza ortografica: scie-sce

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Anche in italiano ci sono parole che non hanno una trasparenza grafo- fonemica immediata e che, al momento della scrittura, possono trarre in errore.

É il caso del suono  SCE o SCIE: conoscenza senza la i , ma coscienza con la i.

Come riconoscerle?

Solitamente, la I non dovrebbe compare nel complesso SCE, ovvero tra la C e la E.

Eppure molte parole non seguono la regola e non la seguono perché la loro scrittura non si riferisce semplicemente al fonema, ma all’etimo latino,  scio e cognosco.

Di conseguenza tutte le parole derivate si comportano allo stesso modo, per cui scriveremo  scienza e coscienza  con la i perché derivanti da scio ( sapere) e  conoscenza e  riconoscere senza la i perché derivanti da cognosco ( conoscere).

Presentazione dell’attività “sce-scie

correttezza ortografica:riconoscimento parole sci e scie

L’attività comprende una scheda di presentazione con il significato dei verbi latini di scio e cognoco, due immagini principali, i cartigli con le parole e la tavola di controllo.

L’insegnante, dopo aver letto la scheda insieme al bambino, presenta il materiale disponendo di fronte a sé le due immagini riferite l’una al verbo scio, sapere e l’altra al verbo cognosco, conoscere.

Pesca un cartiglio, legge la parola e riflette sul suo significato portando il bambino o la bambina a fare la stessa cosa.

La parola letta è riferibile a scio-so o a cognosco-conosco?

Uno alla volta si dispongono i cartellini sotto l’immagine di riferimento e si verificano gli abbinamenti con la tavola di controllo.

Le meraviglie della natura-Perché i koala abbracciano gli alberi

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Chi non ha di fronte agli occhi l’immagine di un koala abbracciato ad un albero?

Ma perché lo fa?

Non certo per una questione di affetto per gli eucalipto, gli alberi di cui i koala mangiano le foglie…

La proposta di lettura “Perché i koala abbracciano gli alberi” presenta ai bambini e alle bambine il risultato di una ricerca condotta da un gruppo di scienziati australiani proprio relativamente a questa particolarità di abbracciare gli alberi tipica dei koala.

Un modo per avvicinarli alla comprensione della meravigliosa natura che ci circonda, ma anche ai modi diversi in cui si manifesta alle diverse latitudini del pianeta; un modo per scoprirne i segreti più nascosti comprendendone i finissimi meccanismi e i preciso equilibrio che la regge.

Conoscere dunque, per rispettare, proteggere e amare.

“Perché i Koala abbracciano gli alberi”- lettura e attività

Didattica divertente: i cruciverba

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L’enigmistica appassiona da sempre grandi e piccoli e per questo può entrare a pieno titolo a far parte delle attività scolastiche, sia nell’ambito prettamente linguistico (cruciverba ortografici o lessicali), sia in tutti gli altri ambiti disciplinari, da quelli matematico-scientifici a quelli relativi all’apprendimento della lingua straniera o storico-geografici.

Il cruciverba rappresenta un modo divertente ed efficace per far riflettere su qualsiasi argomento guidando i bambini e le bambini alla ricerca autonoma delle soluzioni attraverso il materiale a loro disposizione.

Allego qualche esempio dei cruciverba da me realizzati, ma on line si trovano generatori di cruciverba che ne permettono l’autonoma creazione. Creare un cruciverba partendo dall’esperienza e dal vissuto della singola classe, dagli interessi e dagli argomenti trattati, ne aumenta indubbiamente l’efficacia didattica.

Con pochi click ogni insegnante può creare, stampare e condividere i propri cruciverba, facendo leva sugli obiettivi che intende perseguire.

Editor di cruciverba on line

Attività per la correttezza ortografica- e o è?

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“PER INSEGNARE BISOGNA EMOZIONARE. MOLTI PERÒ PENSANO ANCORA CHE SE TI DIVERTI NON IMPARI”.
(MARIA MONTESSORI)

L’attività è strutturata per facilitare la comprensione e il corretto utilizzo di e/ congiunzione ed è/verbo.

Il materiale strutturato allo scopo comprende due carte con le immagini di riferimento, i cartellini con i nomi e gli aggettivi e la tavola di controllo.

Le immagini

Il carrello per aggiungere nomi e aggettivi
La macchina per trasportare nomi e aggettivi

Presentazione:

Si posizionano le immagini sul piano di lavoro e si mostra ai bambini come abbinare nomi e aggettivi:

-si leggono i cartellini cercandone due “abbinabili” (es. il gatto- felino/l’acqua-il vino)

-si posizionano ai lati della macchina che trasporta o ai lati del carrello che aggiunge

-tra i due cartellini, si lascia un passaggio per la macchina o per il carrello

Abbinamento dei cartellini alle immagini di riferimento

-Si verificano gli abbinamenti tramite la tavola di controllo

-Si rilegge quanto fatto facendo scorrere l’auto o il carrello verso il basso

video tutorial dell’attività: “e o é?”

“e o è? “- Il materiale:

Carnevale: matematica e coding

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Ancora qualche attività per il Carnevale

Terza serie di problemi sul Carnevale.

I protagonisti sono le maschere e le situazioni problematiche i loro momenti di “difficoltà”.

Molto gradita dai bambini anche la proposta di disegnare le maschere ormai conosciute in pixel art.

I disegni realizzati con questa tecnica mettono in evidenza la struttura a quadretti tipica delle immagini digitali facendone un espediente artistico.

Tanto più piccoli e numerosi sono i pixel tanto meno evidente sarà la quadrettatura e tanto più definita e continua apparirà l’immagine .

In modo libero e autonomo i bambini scelgono la maschera da riprodurre e su un foglio a quadretti da un centimetro, costruiscono la griglia e colorano i quadretti indicati riproducendo la sequenza esatta dei pixel

Acquisita la tecnica possono essere messi a disposizione fogli con quadrettature sempre più piccole per aumentare la definizione dell’immagine.

Il Carnevale e le maschere regionali

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Per viaggiare tra le regioni italiane attraverso le maschere di Carnevale

L’attività si propone di esplorare le regioni italiane attraverso la scoperta e l’analisi delle tipiche maschere tradizionali.

L’attività si presenta come una raccolta di carte dedicate alle maschere regionali; ogni carta delinea le caratteristiche fisiche e psicologiche di una maschera e ne indica la regione di provenienza.

Scoperta la regione, i bambini vengono invitati a ricercarla sul materiale a disposizione (atlanti, mappe,  incastri geografici…).

La regione viene disegnata e ritagliata.

Su ogni regione così realizzata vengono indicati il capoluogo e la città di provenienza della maschera, se specificata.

Regione dopo regione, si compone il puzzle dell’Italia.

Carte delle maschere

Ogni carta propone anche attività legate alla descrizione dei personaggi e alla loro rappresentazione grafica.

Interessante anche la proposta di letture sotto forma di dialogo, ideali per favorire la lettura interpretata, ma anche per dare vita ad autonome e divertenti forme di “organizzazione” teatrale o ad esplorazioni linguistiche tra le diverse tipologie testuali.

Carnevale, festa delle maschere e dei travestimenti

Come non cogliere le occasioni che ci offre Gianni Rodari con le sue poesie?  un vero invito per bambini e adulti a immaginare vite e mondi diversi con l’aiuto della sola  fantasia

Ma G.Rodari non ci offre “solo” questo; ci invita anche a giocare con le parole, a scioglierle, legarle e trasformarle e, grazie ai binomi fantastici, a dare vita a infinite possibilità di sperimentazioni.

Tantissime sono le filastrocche da proporre: “Carnevale in filastrocca“, ” Il vestito di Arlecchino” o “Il gioco dei se”

Carnevale poi è anche immaginare, creare, inventare e giocare… e dalla fantasia dei bambini nascono immancabilmente nuove maschere.

Maschera su maschera, si possono creare nuove carte diverse da quelle regionali, ideali per giocare o inventare storie.

Colori e fantasia, manipolazioni di materiali, riuso e riciclo di quanto a disposizione saranno l’ideale per inventare nuovi travestimenti e giocare insieme.

Le maschere regionali diventano poi protagoniste di nuove e divertenti situazioni problematiche che i bambini risolveranno attraverso i materiali a loro disposizione.

Problemi di carnevale:

matematica divertente-la costruzione del metro

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Dalle misure approssimative alle misure convenzionale; percorso di scoperta e sperimentazione iniziato in didattica a distanza

Tutto è cominciato con il racconto di una favola africana con un cinghiale che gareggia con un camaleonte.

Come misurare la distanza dal punto di arrivo?

Il camaleonte deicide di usare una parte del proprio corpo, quella più lunga, la coda.

La narrazione della favola è stata il punto di partenza per sperimentare misurazioni con il proprio corpo.

Misure corte: quaderno, penna, astuccio…

Misure lunghe: letto, tavolo, computer

O ancora più grandi: la stanza e il giro della stanza.

Pollici, spanne, palmi, cubiti, iarde, piede, passo e doppio passo.

Seppur a distanza, quella sulla misurazione, è stata una lezione estremamente coinvolgente: bambini e bambine giravano per casa ridendo e tornavano davanti allo schermo per condividere l’esito delle misurazioni fatte .

Confrontandosi i bambini osservavano che le loro misurazioni non coincidevano; sia che si trattasse di cose diverse che di cose uguali, come i loro quaderni.

Perché?

La scoperta è stata tanto semplice quanto importante, e non solo per le misurazioni: “siamo tutti uguali, ma tutti diversi, anche nei nostri palmi, nei nostri pollici e nei nostri passi…”

Da qui, a comprendere come nel corso della storia l’uomo abbia sentito la necessità sempre più forte di trovare misure convenzionali, il passo stato breve.

In classe sono stati messi a disposizione metri di diversi tipi

metri a nastro, a stecche , retrattili…

I bambini li hanno osservati e confrontati.

Si sono chiesti perché fossero rigidi o morbidi e perché non tutti uguali.

Era importante provare.

E i bambini lo hanno fatto: hanno provato a misurare la circonferenza della vita con il metro a stecche o l’altezza del tavolo con quello a nastro…

Erano divertiti, emozionati e coinvolti.

Erano veri protagonisti delle loro scoperte e delle loro deduzioni.

Ma come è fatto il metro?

Il confronto tra la catena del 100 e il metro a stecche non ha avuto bisogno di parole.

la catena del 100 con 10 bastoncini del dieci ed ogni bastoncino con dieci perle

il metro con 10 stecche ed ogni stecca 1 centimetro.

La decina e il decimetro.

Era sicuramente arrivato il momento per costruire il metro.

Tutti fremevano dalla voglia di misurare.

Carta forbici e fogli a quadretti da 1/2 centimetro.

10 strisce con 10 numeri, da 0 fino a 100.

Ogni striscia un decimetro.

Ogni decimetro dieci centimetri per un totale di 100 centimetri.

Ognuno ha “scoperto” il suo metro costruendolo.

Attività outdoor

L’uscita in giardino con 19 bambini e 19 metri è stata entusiasmate: foglie, tronchi, panche bambini e maestre tutto è stato misurato e confrontato!

Videotutorial per la costruzione del metro

Storia dei pesi e della misura:

Fiabe e leggende dal mondo

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 «Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo» Gianni Rodari 

Ogni fiaba ha il magico potere di condurre il lettore alla scoperta di tesori sempre nuovi.

Che sia un piccolo o grande lettore, poco importa; il viaggio e la scoperta sono garantiti.

Bruno Bettelheim (1903 – 1990) nel suo saggio Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, fa un’analisi estremamente interessante della fiaba:

«La fiaba, mentre intrattiene il bambino, gli permette di conoscersi, e favorisce lo sviluppo della sua personalità. Essa offre significato a livelli così diversi, e arricchisce l’esistenza del bambino in tanti modi diversi, che non basta un solo libro a rendere giustizia della quantità e della varietà dei contributi apportati da queste storie alla vita del bambino»

Secondo lo studioso, infatti, la fiaba rappresenta una risorsa importantissima per permettere al bambino  di elaborare, affrontare e riflettere sulle proprie reali difficoltà senza sentirsene investito in prima persona e offre la possibilità agli educatori di tramettere valori e messaggi positivi attraverso l’immedesimazione empatia con i personaggi.

Ma non non si tratta solo di immedesimazione empatia; la fiaba comunica con il solito linguaggio del bambino, quello della fantasia; ne cattura l’attenzione, lo diverte, lo sorprende, ne suscita emozioni, interesse e curiosità… ogni messaggio così trasmesso diventa efficace sia perché vissuto emozionalmente sia perché perfettamente in sintonia con la mente del bambino. il loro interesse e stimolano la loro attenzione: è questo dunque il migliore mezzo che hanno gli educatori per comunicare con i bambini, per trasmettere loro dei messaggi positivi. e utilizzando il solito linguaggio del bambino, quello della fantasia, sembra avere una via comunicativa Non solo ne utilizza il suo solito linguaggio, quello della fantasia, ma essendo al di fuori del tempo e dello spazio, gli consente. la fiaba si fa anche veicolo di riflessione per i grandi temi che riguardano l’intera umanità il potere di permettere consentire l’elaborazione tramite l’identificazione con i personaggi e la partecipazione emotiva, di affrontare ed elaborare le reali difficoltà della propria e della comune esistenza.

Tre fiabe per entrare in nuove e diverse dimensioni:

Quello della fiaba è un viaggio che non si fa mai da soli: i suoi personaggi , fantastici e non, ci accompagnano verso il nuovo.

Asia, Oceania e Africa.

Ad ognuno la sua.

Asia-Il fiore delle sincerità

Oceania-Il canguro Bohra

Africa-Come gli animali ebbero le code

Carnevale- il testo teatrale

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Il teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco (Victor Hugo)

Comunicare ed esprimere le proprie emozioni è indubbiamente più facile attraverso con l’interpretazione e la drammatizzazione di personaggi teatrali.

Favorire la drammatizzazione a scuola significa dedicare cura alle emozioni del singolo e del gruppo, valorizzare le differenze individuali e l’espressività in tutte le sue forme, verbali e non.

L’esperienza teatrale stimola gli apprendimenti indirizzando e canalizzando le energie creative ed alimenta il senso estetico ed artistico.

Immaginazione, improvvisazione, creatività ed espressività , elementi tipici del lavoro teatrale, sono elementi portanti anche per la scoperta e la gestione delle proprie emozioni, anche di quelle più nascoste; è un modo con cui bambini e bambine si rapportano con la parte più intima di loro stessi senza uscire “allo scoperto” imparando a dialogare con la loro parte più intima, a conoscersi, formarsi e a rapportarsi con gli altri prendendosi essenzialmente cura di sé e del proprio percorso di crescita.

Anche Maria Montessori riconosceva alle attività teatrali una grande valenza educativa e formativa proprio in quanto “ambiente protetto”.

Recitare e drammatizzare significa dare espressione viva alla propria individualità in piena libertà.

La valenza delle attività teatrali realizzate anche in contesti scolastici non è infatti tanto il prodotto finale, ma l’insieme dei processi e il percorso che ogni membro del gruppo compie e vive su di sé in prima persona.

Drammatizzare è dunque uno dei tanti modi per sperimentare e mettersi in gioco per esplorare sé e gli altri.

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Attività in classe

Dalla tradizione letteraria e popolare italiana tanti sono gli spunti per mettere in scena piccole drammatizzazioni teatrali.

Dalla lettura teatrale de testo e la messa in scena del testo molti sono i processi attivati.

Eccone solo pochi esempi:

-la rielaborazione deI testo teatrale

-la realizzazione delle immagini sceniche

-la ricerca di musiche suoni e rumori

-l’interazione con il gruppo

-la gestione delle emozioni

“Gli occhiali di Arlecchino”

Arte e Immagine-L’amore che unisce

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Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo. M.Momtessori

Differenze di forma, di colore, di lucentezza e opacità.

“L’amore che unisce”, il messaggio creato dai bambini per ritornare, questa volta attraverso la realizzazione di un prodotto visivo, a riflettere sulle differenze.

Carta, forbici e fantasia; niente è uguale al precedente.

É così che i bambini hanno realizzato i loro mosaici a forma di cuore.

Le tessere sono le differenze, il cuore l’amore.

L’amore che tutto unisce, appunto.