Quando arriva la fine dell’anno, tante case italiane si riempiono di lenticchie e cotechini, simboli di fortuna e prosperità. Ma lo sapevi che questa tradizione affonda le radici nell’Antica Roma, più di duemila anni fa?

Una notte speciale nell’Antica Roma
Per i Romani, l’ultimo giorno dell’anno non era solo una festa, ma un vero rito di passaggio. Le strade si illuminavano di fiaccole, le famiglie si ritrovavano intorno al focolare, e sulla tavola non potevano mancare le lenticchie.
La loro forma piccola, tonda e piatta ricordava le monete, e per questo erano considerate un segno di prosperità e fortuna. Alla fine dell’anno era tradizione regalare una scarsella, una piccola borsa di cuoio piena di lenticchie, custodita come augurio silenzioso per il nuovo anno.
Non si trattava solo di ricchezza materiale: le lenticchie simboleggiavano cibo in abbondanza, lavoro onesto e pace in famiglia. Ogni cucchiaio era un piccolo pensiero per il futuro. Ancora oggi, portare le lenticchie in tavola significa ripetere un rito antico, nato nelle case dei Romani, per dire: “Che l’anno nuovo sia generoso.”
Riti di passaggio: dal passato al presente
I Romani attribuivano grande importanza ai momenti di cambiamento e transizione. I riti servivano a dare ordine, sicurezza e significato alla vita: salutare il tempo passato e accogliere quello nuovo con speranza.
Anche noi oggi viviamo riti di passaggio: compleanni, inizio della scuola, feste. E come allora, cerchiamo gesti simbolici che ci aiutino a segnare il tempo e a dare senso ai cambiamenti.
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Le lenticchie: un cibo prezioso e simbolico
Oltre al valore simbolico, le lenticchie sono un alimento sano e nutriente:
- Ricche di proteine, importanti per crescere forti
- Contengono ferro, utile per il sangue e l’energia
- Hanno fibre, che aiutano la digestione
- Si conservano a lungo e sono facili da cucinare
Non sorprende che già i Romani le considerassero un dono prezioso: nutrivano il corpo e portavano abbondanza e benessere in tavola.
Il calendario romano: come si misurava il tempo
All’epoca, il calendario non era uguale al nostro. L’anno iniziava a marzo e contava solo dieci mesi. I nomi dei mesi — come settembre, ottobre, novembre, dicembre — ricordano ancora la loro posizione originale nel ciclo dell’anno.
Per riallineare il calendario alle stagioni, il re Numa Pompilio aggiunse gennaio e febbraio. Ma l’allineamento definitivo arrivò con Giulio Cesare, che nel 46 a.C. introdusse il calendario giuliano: 365 giorni, un anno bisestile ogni quattro anni e inizio dell’anno a gennaio.
Così, mentre i Romani mangiavano lenticchie per augurarsi fortuna, il loro modo di contare il tempo stava cambiando, ma il desiderio di un buon anno era lo stesso che abbiamo oggi.
Per i bambini: imparare giocando
Il rito delle lenticchie può diventare anche un’occasione educativa. Attraverso attività di osservazione, scrittura, analisi simbolica e rielaborazione creativa, i bambini possono:
- Scoprire i riti di passaggio dei Romani
- Comprendere il valore simbolico del cibo e degli oggetti
- Riflettere su desideri, speranze e bene comune
- Collegare la storia antica alla propria vita quotidiana
Una delle attività più belle è la “Scarsella dei desideri”: ogni bambino realizza una piccola borsa di carta e vi inserisce desideri non materiali, collegando così il rito antico ai propri sogni e alla comunità.
Dal passato al presente
Mangiare lenticchie a Capodanno non è solo un gesto culinario, ma un legame con la storia, un modo per comprendere che anche i Romani, come noi, cercavano di dare senso al tempo che passa.
Conoscere queste tradizioni ci aiuta a guardare il presente con occhi curiosi, scoprendo che i gesti più semplici possono portare fortuna, benessere e significato.
💡 Idee per approfondire
- Confronta i riti di Capodanno romano con quelli moderni
- Disegna o scrivi i tuoi oggetti simbolici e i loro significati
- Racconta come immagini la notte di Capodanno in un villaggio romano
Per idee spunti e attività, per Natale e per tutte le altre occasioni:


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