Chiedo scusa alla favola antica se non mi piace l’avara formica,
Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala
"Alla formica", Gianni Rodari
Quella di Rodari è una rivoluzione mite e silenziosa, ma non per questo inefficace.
Sicuramente è una rivoluzione che non fa rumore, ma possibile.
É una rivoluzione che nasce dalla forza dell’immaginazione, della parola e dalla fiducia nell’altro.
É una rivoluzione che trova la sua forza nella creatività.
Una creatività generatrice e come tale in grado di generare cambiamento.
Cambiare è sempre possibile, ma solo se possiamo trovare la spinta creativa e la visione immaginativa che ne scaturiscono.
E cosa, e come immaginare se non uscendo dal consueto, dal già noto e dal già fatto?
Uscire, uscire dallo stereotipo, uscire dal solito modo di vedere le cose per ribaltare finalmente la situazione.
Solo così la cicala non sarà più una perditempo nullafacente, ma un’altruista e generosa che dà senza che niente le venga chiesto e solo così, la formica, ancora prudente e saggia ma solo per puro egoismo, emergerà come colei che niente dà all’altro se non un lagnoso vittimismo…
E allora…inventiamo storie.
Inventiamo storie in grado di ribaltare le situazioni e chissà se questo uomo resterà sempre formica o se compirà quella rivoluzione mite e silenziosa fatta finalmente solo di sorrisi, altruismo, solidarietà e pace.
In questi giorni di guerra, di odio, di orrore e di terrore , vorrei essere come la rondine di Rodari e volare verso un mondo fatto solo per chi l’inverno non sa cosa sia…
Per crescere e imparare senza il peso della perfezione e dell’infallibilità
"... il bambino lavora da sé al proprio perfezionamento. La strada giusta gli é indicata non solamente dagli oggetti che adopera, ma altresì dalla possibilità di riconoscere da solo i propri errori per mezzo di questi oggetti”.M.Montessori
Nella pedagogia montessoriana l’errore, il Signor Errore, riveste un ruolo di eccellenza ed è considerato una preziosa opportunità per imparare.
L’errore non viene caricato di significati che non gli appartengono, non viene nascosto, cancellato o demonizzato, ma semplicemente accolto e sperimentato in modo assolutamente naturale.
Attraverso l’utilizzo dei materiali, sempre autocorrettivi, i bambini sono capaci di riconoscere l’errore e di correggerlo in autonomia.
L’autocorrezione non è mai una mera trascrizione in forma corretta di qualcosa che non lo era, ma implica necessariamente una riflessione sull’errore stesso che ci rimanda ad una percezione cognitiva diversa da quella di partenza.
L’individuazione e la correzione autonoma, così come l’assenza di giudizio da parte dell’adulto, permettono ai bambini di crescere liberi non solo dal giudizio altrui, ma anche dai condizionamenti e dai pregiudizi che ne derivano…
Permette anche la crescita libera dal proprio giudizio interiore, giudizio che si genera attraverso l’immagine di sé che ritorna dall’esterno verso l’interno, esattamente come riflessa in uno specchio, dando vita a sensi di colpa e di inadeguatezza.
Il senso di fiducia in sé e nelle proprie capacità si sviluppa principalmente proprio grazie al rapporto che il bambino crea con l’errore .
Grazie al senso di fiducia nelle proprie capacità e al livello di autostima che ne derivano, il bambino sarà portato a provare e a sperimentare soluzioni e possibilità sempre nuove e creative in modo sereno ed efficace.
“Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli”»G.Rodari
Nella prefazione scritta da G.Rodari per “Il libro degli errori” emerge l’essenza dell’ alta considerazione che G.Rodari ha dell’errore:
“Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Se si mettessero insieme le lagrime versate nei cinque continenti per colpa dell’ortografia, si otterrebbe una cascata da sfruttare per la produzione dell’energia elettrica. Ma io trovo che sarebbe un’energia troppo costosa.”
Nel libro degli errori, il Prof. Grammaticus ha il compito di vigilare sul buon uso della grammatica salvandola dagli errori che la travolgono, ma ha cuore, passione e sensibilità. a guidarlo…
Il professore, infatti, è sempre pronto ad ascoltare, a riflettere, a capire e, cosa più importante, ad offrire soluzioni divertenti e creative.
Il pdf. Grammaticus è la voce di Rodari ; una voce che ci dice, pagina dopo pagina, che l’errore è prezioso e che sa offrire prospettive inaspettate.
L’errore non è mai un limite, ma piuttosto un regalo, una piacevole sorpresa e, con il regalo in mano, gioiosi, siamo più propensi a proseguire, qualsiasi sia la strada.
Rodari parla infatti di “ risveglio ideologico dell’errore”.
personalmente trovo bellissima l’idea del risveglio.
Mi rimanda immediatamente a qualcosa che è rimasto sopito a lungo, troppo lungo.
Un po’ come Biancaneve o la Bella Addormentata nel Bosco che, finalmente, dopo l’inaspettato bacio, quello del risveglio, appunto, cambiano completamente strada e vivono felici e contente e, non solo loro, ovviamente…
Dobbiamo all’errore, infatti, e solo a lui, se abbiamo la possibilità di percorrere strade diverse e se, lungo quelle strade, abbiamo l’opportunità di vedere, scoprire e inventare paesaggi sempre nuovi, reali, fantastici o anche solo immaginati…
Forse è giusto partire da qui per parlare di spreco e per educare al riciclo e al riuso.
La Natura è la nostra prima vera grande maestra.
Basta osservare e farlo con attenzione.
Facciamo in modo che bambini e bambine possano fare esperienze in natura; offriamo loro la possibilità di scoprire e di osservare i fatti naturali attraverso esperienze concrete fatte con il proprio corpo.
Il corpo esplora e la mente coglie, scopre e, infine, conosce.
La natura crea, usa, consuma e ripropone senza lasciare rifiuti.
I rifiuti sono opera dell’uomo.
Accanto all’osservazione della natura e alla graduale scoperta dei suoi segreti deve svilupparsi anche un’educazione al riuso e al riciclo.
Riusare e riciclare cambiando senso e destinazione, diventano anche modi preziosi per sviluppare creatività e pensiero divergente; per uscire dal convenzionale e per creare e ri-creare in modo nuovo e assolutamente personale.
Sperimentare il riuso anche attraverso le attività didattiche quotidiane può offrire esempio e spunto di riflessione.
Così riusando pezzi di un vecchio gioco, ho progettato una nuova attività didattica.
Ai bambini l’idea è piaciuta molto ed è stata da stimolo per altre personali creazioni o riflessioni, o quanto meno per porsi una domanda: Con questo cosa si potrebbe fare?
Ah! sì, con questo si possono fare un sacco di cose…pensiamoci un po’…
Questa la mia risposta .
Sempre
L’attività
Dai pezzi di un vecchio gioco a materiale didattico:
Accanto all’attività didattica concreta, si possono proporre anche due filastrocche di Bruno Tognolini per stimolare l’osservazione e la riflessione.
Margaret Mead era un’antropologa americana che ha dedicato analisi, studio e ricerca all’esplorazione della natura umana e dei fattori che da sempre hanno influenzato le azioni dell’uomo.
Uno degli aneddoti più famosi e davvero illuminanti è quello che racconta della domanda di uno studente interessato a conoscere il punto di vista della ricercatrice in merito ai primi segni di civiltà individuabili all’interno di una cultura.
Sicuramente la risposta sorprese lo studente dell’epoca e fa riflettere ancora noi oggi.
L’antropologa non disse che erano la costruzione di armi, utensili, vasellami o la messa a punto di una qualsivoglia prima rudimentale tecnica, a indicarci i primi segni di civiltà, ma il prendersi cura l’uno dell’altro.
Per Margaret Maead il primo segno di civiltà di una cultura è stato un femore rotto.
Un femore rotto e poi guarito.
E dietro un femore rotto e poi guarito c’è la cura.
Nel regno animale chi è ferito muore: non può fuggire dal pericolo, non può mettersi al riparo, non può procurarsi cibo, non può procurarsi acqua.
Nessun animale può sopravvivere tanto a lungo da veder risarcire il proprio femore rotto.
Il ferito può solo aspettare; aspettare di diventare carne per altri predatori.
Un pezzo della catena.
Niente di più..
Ebbene un femore rotto e poi guarito si distacca da tutto questo, esce dalla catena.
Dietro a quel femore rotto, c’è qualcuno che si è preso cura, che ha dato riparo, cibo, acqua, sostegno e conforto.
E questo fu quello che la ricercatrice disse al suo studente: il primo segno di civiltà, è il sapersi prendere cura l’uno dell’altro dando un senso preciso alla comunità.
Ma noi, oggi, sappiamo ancora prenderci davvero cura l’uno dell’altro?
Attività outdoor: bambino e Natura
Oggi si è piacevolmente conclusa l’operazione Nontiscordardimé che, se come obiettivo tangibile e visibile aveva quello di rigenerare lo spazio esterno della scuola, in realtà ne custodisce uno ancora più profondo: sviluppare il sentimento di cura.
Come?
Imparando a prendersi cura l’uno dell’altro ristabilendo un rapporto diretto tra bambino e Natura; un rapporto fatto di ascolto, attenzione e cura.
Giorno dopo giorno.
E L’attenzione è nata nel momento della progettazione.
Come suddividere le piante che verranno donate alla scuola?
Attraverso inventari di piante e fiori, i bambini e le bambine hanno individuato i bisogni principali dei diversi tipi di piante- esposizione al sole, acqua, grandezza-e in base ai bisogni hanno pensato di raggrupparli in sezioni, progettando, di fatto, lo spazio a disposizione.
Questo è stato solo il primo passo, quello dell’attenzione e dell’ascolto attento e intimo; a questo primo passo ne seguiranno molti altri e saranno indubbiamente altrettanto ricchi e, sicuramente, ancor più soddisfacenti… e saranno quelli del prendersi cura e del piacere di farlo insieme…
Spesso mi capita che frasi di libri amati, rime e poesie mi ritornino alla mente in modo improvviso.
E sono sempre quelle giuste.
Spesso, addirittura, la solita frase o la solita poesia mi sono venute in soccorso in momenti diversi della vita; solite parole, diverse le sollecitazioni, diversi gli spunti, diverse le riflessioni…
Un po’ come ritrovarsi con qualcuno che ci conosce meglio di quanto pensiamo di conoscere noi stessi e che sa metterci in bocca parole che non eravamo ancora pronti a dire.
Ieri i bambini e le bambine sono arrivati a scuola con gli occhi pieni di immagini di guerra e nella mente parole ascoltate per raccontarla.
Parole captate; una di qua…una di là; in famiglia, dai servizi televisivi e radiofonici.
Parole difficilmente spiegabili e quasi mai spiegate.
Parole depositate in classe nel nostro cerchio magico, con l’emozione negli occhi e nel cuore.
Parole accolte e raccolte con cura.
Tutte, senza lasciarne cadere nemmeno una…
Sulla labbra fiorivano domande, tante.
Una più di tutte: perché?
E un sottile filo di paura aleggiava nell’aria.
La guerra è divenuta di colpo qualcosa di estremamente reale e possibile.
E parlare di pace e di guerra, una necessità impellente.
Pace e guerra contrapposte e da contrapporre.
Diritti e libertà da una parte e annientamento di ogni diritto umano dall’altra.
..e poi il Carnevale, una festa attesa e desiderata con le maschere di cartapesta in costruzione in un angolo della classe ancora ad asciugare.
Giusto? Sbagliato?
Forse no. Forse tutto è possibile. Forse un messaggio importante da dare, anche ora.
L’immaginazione dei bambini ancora una volta viene in aiuto ed è, come sempre, la migliore: salvifica.
Come la fantastica rodariana.
Carnevale è pace e armonia. É godere l’uno della presenza dell’altro. Delle parole e dei sorrisi reciproci.
É il mondo del “tutto è possibile”.
Ma Carnevale è anche immaginazione, immaginazione pura, senza limiti e confini.
E perché allora non immaginare un un mondo migliore, un mondo diverso, un mondo finalmente nuovo?
Proprio come le maschere di Carnevale che danno vita ad una poesia di G.Rodari.
“Se comandasse Arlecchino, il mondo sai come lo vuole?
(…)
E perché allora non festeggiare il Carnevale?
Perché non riempirlo di un nuovo senso e di un nuovo signifìcato.
Perché non immaginarsi in grado di poter cambiare il mondo e tutto quello che non va, tutto quello che non è giusto e che non funziona.
E perché non dare ai bambini il potere fantastico di farlo, fosse anche, per ora, solo per gioco?
Immaginare un mondo nuovo, in pace.
Ora, subito.
Ogni bambino ed ogni bambina potrà immaginare il mondo del futuro e scrivere il suo messaggio sulla propria maschera o su una fascia da indossare, proprio come quella dei sindaci.
Non c’è la cosa giusta e la cosa sbagliata da dire o immaginare, ma solo un mondo diverso da costruire insieme; un mondo ancora possibile.
Un mondo futuribile…
E allora parlare di pace e di guerra, con la guerra negli occhi e le parole che la raccontano sulla bocca, sarà davvero possibile, con la freschezza e l’immaginario dei bambini.
Solo un promemoria potrà guidarci, e sarà ancora una volta quello serio, ma straordinariamente fresco e leggero, di G.Rodari
Promemoria
Ci sono cose da fare ogni giorno:lavarsi, studiare, giocare,preparare la tavola,a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:chiudere gli occhi, dormire,avere sogni da sognare,orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,né di giorno né di notte,né per mare né per terra:per esempio, la guerra
“Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future”
Gino Strada
Gino Strada, “chirurgo di guerra” come amava definirsi, fondatore di Emergency, vincitore del Right Livelihood Award 2015 , il premio Nobel alternativo per la Pace sintetizzava il suo credo con una bellissima frase di Albert Einstein: “La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”.
La pace è un’utopia?
E cos’è l’utopia?
Semplicemente qualcosa che ancora non c’è…
Oggi più che mai le parole di Gino Strada mi ritornano alla mente e sulle labbra.
E le cerco, voglio leggerle e assaporarle di nuovo e vorrei che davvero lo facessero tutti.
Sono un chirurgo.
Ho visto i feriti (e i morti) di vari conflitti nel mondo. Ho operato molti bambini colpiti dalle cosiddette “mine giocattolo”: grandi come un pacchetto di sigarette, sparse nei campi e dall’aspetto famigliare, pronte a esplodere non appena un bimbo incuriosito le tocchi e inizi a giocarci… mani perse, ustioni su petto, viso e occhi. Piccoli che restano ciechi e senza braccia. Conservo ancora un vivido ricordo di quelle vittime, e l’aver visto tali atrocità mi ha cambiato la vita. Ancora oggi quei bambini sono per me il simbolo vivente delle guerre contemporanee. Perché, chi paga il prezzo della guerra? Per la stragrande maggioranza gli innocenti. La guerra non significa altro che l’uccisione di civili, morte, distruzione.
È possibile un mondo senza guerra per garantire un futuro al genere umano? Molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. È vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro. È vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro. Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare”. (…). “La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente.L’abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione”. (…). “Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future”.
Discorso pronunciato al Parlamento svedese fondatore di Emergency,in occasione del "Right Livelihood Award"“
10 gennaio, giorno di rientro a scuola.
Si rientra tra incertezze e perplessità.
Si rientra con il sorriso sulle labbra.
Sempre.
Insegnanti, bambini e bambine.
Insieme.
La paura di doversi di nuovo lasciare.
Forte.
La gioia di ritrovarsi.
Moltissima.
Poco importa se i sorrisi rimangono ancora un po’ nascosti dietro la mascherina…
Sguardi e parole vibrano nell’aria.
Ricominciamo.
E sarà un anno pieno di luce…